: Vincent Cassel e Monica…

Vincent Cassel e Monica Bellucci in “Agents Secrets”

Nelle sale dal 5 Novembre: Godetevi l’intervista al regista Frédéric Schoendoerffer.

La missione:

Agents Secrets

Un gruppo di quattro agenti segreti, il capitano Georges Brissau, la sua compagna di squadra Lisa e i loro colleghi Raymond e Loiic, è incaricato dalla DGSE di un’operazione di sabotaggio nel Marocco.

Scopo apparente della missione: intimorire l’uomo d’affari russo Igor Lipovsky e fermare la consegna delle armi ai ribelli dell’Angola facendo affondare la sua nave.

“Un angelo custode” Tony, fornirà i vestiti, il materiale da sub e gli esplosivi che Loiic e Raymond andranno a posizionare nello scafo della “Anita Hans”. Georges e Lisa coordineranno la manovra da un grande albergo di Casablanca.

Intervista a Frédéric Schoendoerffer:

Regista di “Scènes de Crimes” con André Dussollier e Charles Berling (1999)

Da dove viene il suo desiderio di realizzare un film sull’ambiente degli agenti segreti?
Sono sempre stato un appassionato dei film e dei romanzi di spionaggio. La loro vita fatta di pericoli, di manipolazione, di tradimenti offre una drammaturgia eccezionale, una materia cinematografica. La morte incombe sui personaggi, c’è del suspense in permanenza.
Gli agenti segreti hanno sempre affascinato il pubblico. Invidiamo in loro il gusto del rischio, dell’azione il loro sangue freddo la loro arte nel travestirsi…
Sono personaggi misteriosi, lavorano sotto una falsa identità, commettono atti proibiti, e si ritrovano in situazioni instricabili.
Sono degli sconosciuti, enigmatici, non si sa mai veramente chi sono in realtà, e ragion per cui sono tenuti al segreto. Si conoscono molte storie su agenti della CIA o di Mossad, invece si sa poco sugli agenti della DGSE. Trovavo interessante confrontarmi con questo mondo.
Le minitelecamere attaccate ai telefonini, le pompe delle biciclette trasformate in armi…
La pompa della bicicletta è una storia vera. Negli anni '70 un agente ha utilizzato questo “metodo” durante una sua missione.
Le donne agente segreto rivalizzano con gli uomini. Le si confidano le stesse missioni ad alto rischio.
Servono spesso a rendere credibile la coppia, una coppia di turisti ad esempio come nel film, ma non solo. Il personaggio di Lisa non è una Mata Hari, perché in realtà ce ne sono poche. La bella donna che va a letto con gente influente per avere informazioni, sono soprattutto delle call girls, di cui sbarazzarsi in seguito. Quello che mi interessava era mettere in scena una donna agente segreto, una professionista. Le donne hanno quanto gli uomini il gusto dell’avventura. Gli agenti hanno una vita palpitante. Un ex agente mi ha confessato che gli ci erano voluti due anni per riprendersi quando ha smesso di lavorare.
Insomma infine qual è la missione affidata ai quattro agenti del suo film?
Una squadra di agenti segreti francesi hanno per missione di andare a Casablanca per affondare la nave di un trafficante di armi per mettere fine a questo traffico. Difatti, questi agenti ignorano che stanno nel bel mezzo di una negoziazione. È una manovra di intimidazione per collegarsi a questo traffico per ragioni che mettono in gioco altri interessi.
Gli agenti segreti sono spesso costretti a portare a termine delle missioni di cui non conoscono il fine.
Gli agenti segreti conoscono di rado la finalità delle loro azioni per un semplice motivo: se si fanno prendere non potranno dire nulla. Fa parte del gioco, ne sono coscienti. Ma questo non impedisce di provocare in loro una certa amarezza, il sentimento di essere manipolato, mentre loro stessi sono nel gioco. Nelle storie di spionaggio, si vive nel tradimento. In “Scènes de Crimes”, mostravo dei poliziotti che erano nei guai, ma avevano la legge per salvarsi. Qui invece per questi agenti non c’è nemmeno una legge e il loro smarrimento è più grande. È quello che Georges, l’agente interpretato da Vincent Cassel, si sentirà dire «se vuoi delle regole ti dovevi arruolare nella gendarmeria». Non ci sono spie felici basta leggere i libri di John Le Carré per rendersene conto.
E in questo campo che fine fa la rivalità tra gli Stati Uniti e la Francia?
Ci sono sempre più servizi che si litigano per fare quella o quell’altra azione, sono in rivalità c’è tutto un gioco di intimidazione e di falsità. La storia dell’Americano che minaccia gli agenti francesi dicendo «siamo informati della vostra missione, non fate questo…» è inspirata da un fatto vero. Trovavo interessante dimostrare che certi segreti non sono così segreti come sembra. Ci si osserva dalle alte sfere.
Il grado del responsabile della DGSE è interpretato da Bruno Todeschini che volontariamente ho lasciato nel vago. Qual è la sua funzione?
Il vero cattivo del film è lui. Simbolizza il potere politico. Gli agenti credono di battersi contro un trafficante di armi, ho fregare gli americani, però il cattivo sta proprio nel seno del proprio servizio. Volevo mettere in scena un personaggio ambiguo che rappresenta globalmente il potere, senza epoca e senza fare una foto del potere politico riducendolo ad un partito. Qualunque sia il colore del governo, abbiamo potuto constatare che ci sono sempre storie di questo genere, interessi torbidi.
Il colonnello interpretato da André Dussollier sembra un po’ più umano, se si può dire… «Si trascura sempre il fattore umano» egli dice.
È lui che ha formato questi agenti, li conosce intimamente. Il personaggio interpretato da Bruno Todeschini conosce solo gli interessi dello Stato, e come al biliardo, gioca i suoi tiri in cinque o sei colpi.
Come si augurava di installare una relazione tra George e Lisa?
Trovavo interessante raccontare una storia di amicizia fra un uomo e una donna. Quando uno ha dei problemi l’altro farà di tutto per aiutarlo. Non c’è sessualità fra loro due, e comunque anche se fosse non si vede. Una storia di amore tra due agenti segreti francesi in missione sarebbe un errore professionale molto grave. Questi agenti sono stati addestrati perché questo non avvenga. George e Lisa passano la notte nella stessa camera d’albergo al Marocco, senza che succede nulla… Non ho voluto nemmeno esagerare.
Invece una delle leggi di questo genere vuole che l’eroe si ribella contro gli ordini in un mondo senza regole, per difendere la propria causa. È quello che succede a George.
Seguo le reazioni dei miei personaggi prima, durante e dopo la loro decisione. Non esprimo nessun giudizio morale sulle loro scelte. Trovo più interessante il fatto che sia il pubblico a formulare il proprio pensiero. Il personaggio di Monica si confronta con un terribile dilemma: uccidere o non uccidere. Esita prima di prendere questa decisione. Ed è questo dubbio che a me interessa filmare. Volevo dimostrare che non si uccidono le persone alla leggera. Quando Cassel prende i vestiti di un turista nelle toilettes, non lo uccide ma gli fa perdere conoscenza. È un professionista, non è un pezzo di mer.. Non voglio dare lezioni ma spesso al cinema si ammazza senza scrupoli.
Ad un certo punto del film Lisa manipolata dai suoi propri servizi, è vittima di un ricatto.
È un colpo classico, mi hanno raccontato di agenti che si sono ritrovati nelle stesse situazioni. Si esce difficilmente da questo mestiere. Un agente del Mossad racconta nelle sue memorie che quando si è voluto fermare gli hanno rubato tutti i soldi che aveva guadagnato da anni e piazzati in una banca svizzera. Si è rifugiato negli USA con sua moglie e suo figlio. Degli individui avevano tentato di rapire il figlio all’uscita della scuola. Suo fratello, militare nell’armata israeliana, lo ha raggiunto per occuparsi della sicurezza di suo figlio. Lui, per una settimana, ha fotografato in segreto con il teleobbiettivo, i bambini delle famiglie dei membri dell’ambasciata d’Israele negli USA e ha distribuito loro queste fotografie dicendo – State attenti – non gli hanno ridato i suoi soldi ma da allora non ha più avuto problemi.
Il ritmo del film è incisivo, con un montaggio molto tagliato, e un notevole lavoro sull’immagine.
Serviva un’immagine che corrispondesse a questo genere di racconto. Si fa un film nero ma non tralasciamo il nostro piacere, giochiamo con zone d’ombra molto intense e zone di luce come bruciate. Avevo dato come referenza al capo operatore Nixon il film di Oliver Stone. La telecamera doveva essere il più vicino possibile ai personaggi, sono loro che mi interessano. La messa in scena si fa con la testa, le riprese con il ventre. Bisogna rimanere all’erta e essere istintivo, e provare a fare del ritmo. Ho voluto fare un film di una durata normale, il più denso possibile. Ho chiesto a Bruno Coulais di comporre una musica “sinfonica” all’antica, nel buon senso del termine. Cioè con una grande orchestra musicale che esprimesse l’anima dei personaggi.
Il film si apre sulla faccia nascosta della luna…
È un po’ una metafora sul mondo degli agenti segreti.
Le corse delle macchine, le cazzottate, le cadute sono molto realistiche.
La caduta sull’autostrada è stata preparata per mesi. Abbiamo comunque rotto quattro 607 per realizzarla. Per il produttore non è stato molto divertente… Quando ci sono queste scene bisogna fare attenzione a che nessuno si faccia male. Ho tremato quando Cassel ha fatto il suo salto in caduta libera da 5000 mt. di altitudine con un caméraman che girava intorno a lui per controllare la sua posizione e le correnti d’aria con una telecamera fissata in testa. Le assicurazioni si rifiutarono di farsi carico di questo.
I suoi due eroi fanno dei salti nel vuoto.
La caduta di Monica è corrispondente alla caduta di Cassel. Vivono insieme una simile esperienza. Sono agenti segreti che sono stati traditi, lasciamoli stare…
Come avete girato le scene sottomarine?
Abbiamo girato per una settimana a Saint Mandrier nella Scuola di formazione di Combattimento in nuoto. Era la prima volta che abbiamo realizzato un film in questa base. Abbiamo girato con il materiale di combattimento dei nuotatori, il famoso “oxyger” che permette di tuffarsi con ossigeno puro, senza fare bolle e dunque senza farsi scoprire in superficie. Questo materiale richiedeva un allenamento speciale perché può essere pericoloso. A 7mt. di profondità la pressione modifica l’ossigeno che si trasforma in un gas mortale.
Come mai avete pensato di riunire sullo schermo la coppia Monica Bellucci e Vincent Cassel?
Eric Névé mi aveva consigliato di incontrare Monica, la conosceva nel film Dobermann. L’appuntamento era fissato vicino casa sua, in un piccolo café. Lascio la sceneggiatura nella macchina con l’idea che se non funzionava avrei avuto una scusa. Beviamo un caffé e in pochi minuti la trovai straordinaria. Scopro un’attrice che mi seduce con il suo lato volontario, quadrato, con il suo desiderio di lavorare e di investire sul personaggio. Dissi a Monica «non giocheremo sul fisico, sulla seduzione. Taglieremo i capelli. Non ci sarà una scena in cui sarai con un vestito e tacchi alti, è d’accordo?» e lei stette al gioco.
Corro a prendere la sceneggiatura chiedendo a Monica di darmi rapidamente una risposta. Tre giorni dopo, Monica mi comunica che fa il film. È la prima volta che un attore mi richiama così presto. Era un anno prima dell’inizio delle riprese. Quando la Bellucci vi richiama per dare il suo consenso vuol dire che il film si fa! È come se si mettesse un turbo nella macchina. Ero pazzo di gioia, il film sarebbe stato montato con più facilità e nel frattempo avevo paura di non essere all’altezza.
L’attore per interpretare George non era ancora fissato?
Stavo aspettando che Cassel rientrasse dalle riprese di Blubberry. Mi ha subito dato il suo consenso. Avere Cassel e Monica nello stesso film non è male! Vincent era perfetto per questa parte.
Il suo talento da commediante mi impressiona, mi piace l’uomo, franco, diretto. Vincent ha quel lato fisico nel vero senso della parola. Prima di un film si prepara, entra nello spirito del suo personaggio. Qui, ha deciso di smettere di fumare e di prendere 10Kg per diventare più uomo, più maturo, perdere il suo aspetto da adolescente. Ha imparato a buttarsi con il paracadute. Il film doveva essere girato ad un ritmo sostenuto e per fortuna gli attori ce l’hanno messa tutta. Ne avevano voglia!
Avete ritrovato André Dussollier e Charles Berling, i suoi due attori di “Scènes de Crimes”.
Charles mi ha fatto questo regalo di accettare una parte muta. La sua presenza è indispensabile perché già dall’inizio fa passare l’idea che non è perché si è conosciuti che va tutto bene! Dunque attenzione, tutti i personaggi possono passarci… Amo molto André. Quattro anni dopo “Scènes de Crimes” abbiamo ritrovato lo stesso rapporto. Ci capiamo al volo.

Fonte Agents Secrets

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