: P@tto di Sanremo: tanto…

P@tto di Sanremo: tanto rumore per...?

Le linee guida dell’intesa fra esponenti governativi, provider e industria, che demandano agli Isp compiti di allerta e sorveglianza sull’attività on line dell’utenza non convincono né i commentatori né le associazioni in difesa dei consumatori

L’impeto autocelebrativo del trio Gasparri-Stanca-Urbani e la fervida fantasia degli uffici stampa ribattezzano l’intesa siglata sullo scenario del Festival il P@tto di Sanremo, con l’accento su quella chiocciolina che fa tanto hi-tech e tanto innovativo. In realtà, mentre il contenuto dell’intesa è orientato alla tecnologia, la sua carica rivoluzionaria è messa in dubbio.
Così ha fatto sinora più di un commentatore; così hanno fatto sia il senatore Fiorello Cortiana – presidente dell’Intergruppo bicamerale per l’innovazione tecnologica e già protagonista dell’opposizione alle precedenti proposte di Urbani – sia gli utenti raccolti sotto le insegne di Altroconsumo.
Questi hanno sottolineato come il tentativo di punire la distribuzione massiccia di opere intellettuali in barba al copyright sia piuttosto nebuloso, vista l’assenza di un reale distinguo fra chi copia contenuti a uso personale e chi invece li spaccia.
Una distinzione superflua per il columnist del “il Manifesto” Gabriele De Palma, che puntando l’indice contro la mancata consultazione degli utenti ha contestato l’equiparazione fra proprietà intellettuale e proprietà fisica: “Se io rubo una videocassetta, ci sarà una videocassetta in meno a disposizione per gli altri; se scarico un file dalla Rete non lo sottraggo a nessuno ma anzi lo moltiplico”.
Sotto gli strali di De Palma finisce poi la modifica incompleta dei provvedimenti legali anti-sharing. Se è vero infatti che le modifiche alla normativa previste dal patto con la chiocciola eliminano le eventualità del carcere e del “sequestro dei mezzi e dei supporti della registrazione” per i (presunti) pirati; resta comunque discutibile il mantenimento in vigore delle sanzioni pecuniarie.

Per Cortiana il confine fra infrazione amministrativa e reato penale è sin troppo labile e le firme sanremesi altro non sarebbero che “markette” utili ai “latifondisti del copyright” ma controproducenti per il sistema paese, cui servirebbero piuttosto progetti come “l’abbassamento dell’Iva sui beni culturali”.
Roba che fatica a farsi largo nelle menti dei tres amigos, a proprio agio con la propaganda più che con i provvedimenti reali. Quelli che richiedono fra gli altri i colleghi di Zeus, rilevando la latitanza del ministro Urbani sui tagli all’Iva per Cd o Dvd e su una digitalizzazione delle risorse culturali analoga a quella sperimentata, per esempio, dalla biblioteca nazionale di Francia.
Occupano infine la scena lo scontro fra Anica, Agis e il ministero dei beni culturali (responsabile della riduzione delle sovvenzioni allo spettacolo) e l’ineffabile Maurizio Gasparri: lesto a glorificare conto terzi le meraviglie del Dtt, il responsabile delle telecomunicazioni è contumace sul fronte della riduzione del digital divide e delle tariffe Adsl.

Dal nostro canto, seguitiamo a pensare che i problemi del mercato disco-cinematografico italiano, anche in relazione alla pirateria, siano solo in parte risolvibili per vie giudiziarie.
Crediamo piuttosto che l’industria e il legislatore debbano tornare a preoccuparsi degli elevati costi di fruizione dei beni culturali in Italia: dai compact disc, i cui prezzi non hanno mai subito un vero rallentamento, al cinema, ai libri e ai concerti. Tutti oggetti e fenomeni sui quali i balzelli della Siae sono ben visibili e, quel che più conta, largamente percepibili dagli utenti finali.

Fonte MyTech

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